Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Trento, sabato 3 ottobre 2015 1. Nel 1963-64, in pieno clima “conciliare” e quand’era ancora fortissima l’impronta “giovannea” (Giovanni XXIII era morto il 3 giugno 1963, dopo la prima sessione del Vaticano II e l’enciclica “Pacem in terris”), insieme a molti altri studenti di Sociologia di matrice cattolico-democratica o comunque cristiana, fondai il Gruppo democratico dell’Intesa universitaria trentina (GDIUT). Ma mentre a livello nazionale l’Intesa democratica faceva parte del cosiddetto “collateralismo democristiano” (come le ACLI, la CISL e le altre organizzazioni del mondo cattolico), a Trento elaborai uno Statuto autonomo, che prevedeva da una parte la “ispirazione cristiana” di quella formazione di politica universitaria, ma dall’altra affermava la piena laicità dell’impegno politico e culturale nell’ambito universitario. Era la prima conseguenza, in noi studenti universitari appena ventenni, del nuovo clima conciliare. 2. Tra noi studenti cattolici, provenienti da molte parti d’Italia, era fortissimo l’interesse per i dibattiti conciliari, che venivano riportati ampiamente sulle pagine de “L’Avvenire d’Italia” diretto da Raniero La Valle. Oltre che agli studi sociologici, dedicavamo ore di appassionate discussioni tra di noi sui vari schemi conciliari, che poi diedero vita ai documenti conclusivi. E vivacissima fu la discussione sul famoso “Schema XIII”, che poi si tradusse nel 1965 nell’ultimo documento, la Costituzione pastorale “Gaudium et Spes” sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Leggevamo allora anche i libri dei principali teologi che avevano “preparato” il Concilio e che furono protagonisti di quella stagione così fervida di elaborazioni e di idee. Mi riferisco, ad esempio, a M.-D. Chenu, Yves Congar, Jean Daniélou, Edward Schillebeecks, Hans Kueng, Karl e Hugo Rahner, Bernhard Haering, Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac, lo stesso Joseph Ratzinger (che poi ebbe una “svolta” dopo il 1968, ma che allora era il principale consulente del card. Frings di Colonia) e altri ancora. Nel 1966-67 io stesso fui chiamato a insegnare Sociologia nell’anno pastorale del Seminario maggiore di Trento, di cui era rettore mons. Raffele Collini. 3. Dal 1966 al 1972 venne pubblicata a Trento una piccola e agile rivista, “Dopoconcilio”, nata dalla comune iniziativa di un gruppo di laici e professionisti trentini (tra i quali ricordo soprattutto Alfredo de Ricabbona) e di un gruppo di noi studenti universitari, prevalentemente di Sociologia, ma non solo. Non era mai accaduto che a promuovere una rivista di dibattito teologico ed ecclesiale fosse un gruppo di laici in piena autonomia, e tra questi molte donne. Nei primi anni, fino alla sua morte prematura (il 24 ottobre 1969), un ruolo di consulenza ebbe anche mons. Bruno Vielmetti, una figura di teologo di grande valore, totalmente rispettoso comunque dell’autonomia dei redattori di “Dopoconcilio”. 4. Dopo la conclusione del Vaticano II, si aprì nella Chiesa italiana e anche trentina la stagione del cosiddetto “dissenso cattolico” e della “contestazione ecclesiale”, a cui io stesso nel 1969 dedicai una raccolta di documenti (“Contro la chiesa di classe”, Marsilio, Padova, 1969) e su cui nel 2010 un giovane studioso trentino, Alessandro Chini, ha scritto il volume “Il dissenso cattolico in Italia e a Trento” (UCT). Dunque, con la contestazione studentesca degli anni ’60 e del ’68 in particolare si intrecciò anche la “contestazione ecclesiale” (in parte originata dalla enciclica di Paolo VI “Humanae Vitae” del 1968, dopo gli entusiasmi suscitati invece nel 1967 dalla “Populorum progressio”). L’episodio più famoso in Trento fu il cosiddetto “controquaresimale” nel Duomo di Trento, promosso da Paolo Sorbi e da altri studenti cattolici di Sociologia. Fu sicuramente un “trauma” per il mondo cattolico trentino, ma poi si trasformò in una occasione di dibattito, confronto e crescita nei vari ambiti ecclesiali, anche fuori dalla città di Trento. 5. Non si può parlare della stagione del post-Concilio in Trentino se non si fa riferimento al ruolo del vescovo “conciliare” di Trento, Alessandro Maria Gottardi, che si trovò stretto tra i settori più tradizionalisti del mondo cattolico, la sua volontà di piena attuazione degli insegnamento del Concilio, al quale aveva assiduamente preso parte, e le spinte più forti al rinnovamento ecclesiale specialmente da parte delle generazioni più giovani. Non fu un ruolo facile e per questo su di lui ancor oggi ci sono giudizi diversificati. Ma a mio parere fu un grande vescovo “giovanneo”, la cui testimonianza di apertura fu in parte ridimensionata dal vescovo che gli succedette. Esemplare della tensione pastorale di Gottardi fu l’evento del venerdì santo del 1974, quando accolse nel Duomo di Trento centinaia di operaie e operai della fabbrica Michelin, in lotta da mesi, e diede la parola dal pulpito ad una operaia che espose le rivendicazioni dei lavoratori. 6. Per quanto riguarda le dinamiche del periodo post-conciliare a Trento e in Trentino, vanno sinteticamente ricordati il ruolo della “pastorale del lavoro”, con don Giuseppe Grosselli e don Celestino Tommasi (con i quali fummo denunciati per una assemblea in fabbrica alla Michelin nella primavera 1974, insieme al Ministro del lavoro Bertoldi e ai sindacalisti) e delle ACLI, il settimanale diocesano “Vita Trentina” con la direzione di don Vittorio Cristelli (prontamente rimosso dal successore di Gottardi), la Comunità parrocchiale di San Pietro con la guida di don Dante Clauser, la Comunità di San Francesco Saverio con la guida di padre Mario Vit (gesuita) e da ultimo di padre Giorgio Butterini (prima del suo “esilio” a Terzolas), la Comunità di Villa Sant’Ignazio con la guida di padre Livio Passalacqua (anch’egli gesuita), il ruolo nell’ecumenismo di don Silvio Franch. E una grande importanza ebbero i dibattiti che si tennero in molti centri della provincia in occasione del referendum sul divorzio del 1974. A molti partecipai come relatore anch’io, avendo spesso come interlocutore un sacerdote che ricordava il sacramento del matrimonio, da una parte, ma anche la necessità di una regolazione laica dell’istituto, dall’altra, senza imposizioni clericali e integraliste. 7. Quella degli anni ’60 e ’70, e anche oltre, fu una stagione molto ricca e vivace, piena di fermenti innovativi, che in parte si sono spenti negli anni successivi. Il forte rilancio del riferimento al Vaticano II da parte dell’attuale papa Francesco fa ritenere a molti, come a suo tempo pronosticò e auspicò il card. Carlo Maria Martini, che forse è matura per la Chiesa e per il mondo cattolico una nuova stagione conciliare, verso un nuovo Concilio ecumenico Vaticano III. Marco Boato
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